In centro a Roma nei pressi di Ponte Sisto, sulla pista ciclabile. La polizia ha fermato un sospettato
Aggredito e ucciso sulle sponde del Tevere al centro della Capitale, nei pressi di Ponte Sisto. Un 38enne romeno, senza fissa dimora, è stato colpito più volte e ucciso sulla pista ciclabile che corre lungo la banchina. Ad assistere alla scena alcune persone che, approfittando della bella giornata, si trovavano a passeggiare lungo il fiume e hanno dato l’allarme alle forze dell’ordine. La polizia ha individuato e fermato poco dopo il presunto responsabile. Si tratta del 45enne romano Massimo Galioto, assolto a giugno dall’accusa di omicidio per la morte dello studente americano di 19 anni Beau Solomon, morto annegato nel fiume a luglio 2016, a poca distanza dal luogo dell’omicidio di oggi.
A fornire le descrizioni del responsabile alcuni testimoni che avrebbero riferito agli investigatori di aver visto i due uomini litigare e poi, poco dopo, la vittima accasciarsi sulla pista ciclabile. L’altro uomo, un punkabbestia, si è subito allontanato con un cane al guinzaglio. Subito sono state avviate le ricerche della polizia e poco dopo è stato bloccato il sospettato.
Per gli investigatori l’aggressione sarebbe scattata durante una lite per banali motivi. La vittima sarebbe stata colpita più volte a mani nude e gli sarebbe stato aizzato contro anche il cane. Il corpo del 38enne romeno presentava ferite al volto, alle mani e a una gamba. Sul posto è intervenuta anche una pattuglia del Reparto Tutela Tevere della polizia locale che stava effettuando un controllo nell’area golenale del fiume. Galioto non è nuovo alle cronache. In passato fu arrestato per la morte dello studente americano Beau Solomon, annegato nel Tevere nel luglio 2016. Per gli inquirenti che lo arrestarono dopo il fatto l’uomo, un punkabbestia che orbita abitualmente nella zona, lo avrebbe spinto nel fiume nei pressi di Ponte Sisto dopo aver avuto con il ragazzo un violento litigio. Un’accusa da cui è stato completamente assolto a giugno dai giudici della III Corte d’Assise di Roma “per non aver commesso il fatto”.